In questa puntata
Del Blind Recruiting – in italiano Reclutamento al buio – si parla tanto in questo periodo.
Ma che cos’è? Che vantaggi ha e qual è l’alternativa?
Dopo la pubblicazione dell’ultimo episodio del podcast, il confronto con Laura Pino di Hunter Group sulla certificazione delle pari opportunità, mi è stato chiesto più volte, che cosa penso di questa pratica, accennata durante l’intervista, che prevede di rinunciare durante il processo di ricerca e pre-selezione dei candidati, ad alcune informazioni personali (nome, genere, età, istruzione o anni di esperienza, ecc.).
Alla base ci sono diversi studi che dimostrano quanto il reclutatore influenza con i propri preconcetti – i cosiddetti BIAS – l’esito di una selezione.
L’esempio più conosciuto risale al 1980: la Toronto Symphony Orchestra, formata quasi esclusivamente da uomini, necessitava di nuovi musicisti.
Ai selezionatori fu chiesto di bendarsi gli occhi e quindi giudicare i candidati esclusivamente “al buio”. Il risultato? Dopo le audizioni il 50% dei musicisti erano donne.
I vantaggi del Blind Recruiting sembrano quindi evidenti: i candidati non devono temere di essere discriminati perché vengono valutati solo in base a competenze tecniche oggettive. Quindi, l’azienda potrà scegliere tra una rosa di persone diverse e il Recuiter, in questo modo, è facilitato a non cadere nella trappola dei propri Bias.
Qual è però il rischio? Che si tratti di una pratica non sostenibile nel tempo.
Non affrontare in modo attivo i propri Bias ma “ingannare” il processo decisionale, fornendo poche informazioni anonimizzate, corrisponde a togliere il cellulare al figlio per un utilizzo inappropriato. ….. che, ammetto, faccio pure io ogni tanto 😉
Nel momento in cui il genitore non c’è più, il figlio ricadrà nel comportamento dannoso.
Inoltre, un processo di selezione può essere anonimo solo se non comprende la persona nella sua complessità.
Invece, noi siamo molto di più che competenze tecniche. Siamo motivazioni, caratteristiche personali, aspirazioni, convinzioni.
Sono questi nostri aspetti che garantiscono il successo di un matching con l’azienda.E quindi il Blind Recruiting non può sostituire una formazione adeguata dei Recruiter, un investimento nel accrescere skills che necessariamente vuol dire diventare consapevoli dei propri condizionamenti.
Nei nostri percorsi di Talents4Business – training e mentoring per Recruiter diamo molta importanza a questo aspetto. Solo così chi si occupa di ricerca e selezione può davvero diventare un partner strategico per la crescita aziendale.
Ecco qualche consiglio per rendere il processo di recruiting più oggettivo possibile:
✔ Definire in dettaglio l’obiettivo della selezione, le competenze e caratteristiche richieste e condividerla con il – futuro – team;
✔ Rendere l’annuncio, il job posting, il più neutro possibile, in modo da incentivare candidature eterogenee;
✔ Definire a priori criteri di selezione e, dove possibile, domande da fare durante il colloquio;
✔ Prevedere il coinvolgimento di due Recruiter con modalità differenti;
✔ Promuovere una cultura di diversity in azienda.
Il Blind Recruiting può essere un ottimo strumento per facilitare una cultura di pari opportunità, ma solo la consapevolezza e la formazione costante porteranno ad una cultura davvero inclusiva.
Sono Valerie Schena Ehrenberger e ti auguro buona visione!
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